Nella mattinata di sabato scorso, l’Iran ha lanciato un imponente attacco contro Israele, impiegando 300 tra droni e missili. La maggior parte di questi non ha però centrato i bersagli né causato danni significativi. In risposta, Israele ha effettuato un singolo attacco di precisione contro una base militare iraniana a Isfahan, dimostrando così la propria superiorità tecnologica. Nonostante la sproporzione, un missile contro trecento, la reazione israeliana mira a una de-escalation del conflitto, in linea con le pressioni internazionali, principalmente dagli Stati Uniti.
L’Iran ha dichiarato di non voler rispondere all’attacco a Isfahan, segnando un possibile punto di svolta verso la riduzione delle ostilità. Tuttavia, il conflitto tra Israele e Iran continua sotto forma di “guerra ombra“, una dinamica in atto dal 1982 che vede entrambi i paesi impegnati in operazioni indirette attraverso milizie alleate nella regione.
Da una parte, l’Iran sostiene gruppi come Hamas, Hezbollah in Siria e Libano, oltre alle milizie sciite in Iraq e agli Houthi in Yemen. Dall’altra, Israele punta a neutralizzare i leader iraniani all’estero che dirigono queste milizie, come dimostrato recentemente in Siria.
Parallelamente, gli Stati Uniti stanno elaborando strategie per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente, con la prospettiva di un riconoscimento diplomatico di Israele da parte dell’Arabia Saudita. Questo riconoscimento potrebbe essere un passo decisivo, ma richiederebbe da parte di Israele l’accettazione del principio dei due stati, con il riconoscimento di uno stato palestinese.
Nonostante le incertezze sulla fattibilità di questa proposta nel breve termine, essa potrebbe innescare sviluppi significativi per il raggiungimento di una pace stabile nella regione. La strategia degli Stati Uniti mira a trasformare il panorama politico e a promuovere la stabilità e la prosperità a lungo termine in Medio Oriente.