Il pane carasau. Lo conoscete, vero? Quella “carta musica” che scricchiola sotto le dita quando la spezzi. Ma sapete che è molto più di un semplice pane? È il racconto di una vita dura, quella dei pastori sardi, fatta di giornate infinite tra le montagne e di un cibo che doveva durare.
Sottile, leggero, con pochi ingredienti – farina, acqua, lievito – ma con un profumo che ti porta dritto in Sardegna. Poi, c’è il pane guttiau: basta un filo d’olio e un pizzico di sale, e quella semplicità si trasforma in un’esperienza che ti conquista al primo morso. Come un abbraccio, ma croccante.
E che dire de sa cordula? Qui le cose si fanno serie. Interiora d’agnello intrecciate come una piccola opera d’arte, cotte piano piano fino a diventare tenere e saporite. È un piatto che parla di radici, di un tempo in cui nulla andava sprecato e ogni boccone aveva un valore. Un sapore intenso, certo, ma con una storia dentro. Chi lo assaggia sente il cuore dell’isola.
E poi ci sono le seadas. Oh, le seadas! Più che un dolce, un capolavoro. Pensate a una sfoglia croccante, ripiena di pecorino fresco, fritta fino a diventare dorata e poi ricoperta di miele o zucchero (io la preferisco con il miele sardo). Ogni morso è un’esplosione: dolce, sapido, morbido, croccante. Ti chiedi come possano stare insieme così tanti contrasti, eppure lo fanno. E alla fine ti lasciano lì, con un sorriso.
Ogni piatto sardo è un viaggio. Non solo tra i sapori, ma tra le storie, le mani e i volti che li hanno creati. Il carasau, sa cordula, le seadas: non sono solo cibo, sono Sardegna. Un’isola che non si dimentica, nemmeno a tavola.
“My journey through Sardinian lands” – a story of ancient traditions, breathtaking landscapes, and the soul of an island. Stay tuned for a glimpse into Sardinia’s timeless magic.
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