Ci risiamo: manca un mese al voto e, come da copione, fioccano dichiarazioni solenni su come trasformare Trento nel regno delle meraviglie. La gente comune si gira intorno, cercando di capire se la città sia davvero diventata un far west da film di serie B o se si tratti solo della consueta propaganda elettorale, gonfiata come un materasso ad aria per le dichiarazioni dell’ultimo minuto.

Non che i recenti avvenimenti in centro facciano dormire sonni tranquilli: scazzottate in piena regola, qualcuno finisce all’ospedale, la polizia interviene e i cittadini si chiedono perché, a pochi passi da casa, si debbano vivere momenti da rissa di quartiere malfamato. Scontata, allora, la sfilata dei candidati pronti a dire la loro, a promettere interventi istantanei e a invocare posti di blocco, chiusure di locali, telecamere all’avanguardia e chi più ne ha più ne metta.

Nel rumore di fondo, spicca la nota di un candidato (Massimiliano Mazzarella di Sì Trento) — uno di quelli che sostiene il sindaco in carica Franco Ianeselli, e che si schiera col “fronte della fermezza” — che denuncia il problema e chiede misure concrete: presidi fissi in centro, telecamere intelligenti, maggiore cooperazione tra forze di polizia, strutture per accogliere chi rischia di alimentare degrado, e pure un avvertimento alla Provincia, perché non resti a guardare mentre le tensioni sociali si materializzano in piazza.

La verità è che nessuno si accontenta più delle solite frasette di circostanza: i cittadini, stufi di svuotare il portafoglio per vedere la città trasformarsi (anche solo per una sera) in un rodeo urbano, chiedono fatti, non parole. Eppure, si ha la sensazione che, come ogni lustro, a cadere in tentazione siano in molti: un colpo di teatro, una promessa roboante (“Sicurezza garantita in 48 ore!”), un dito puntato contro l’avversario di turno, e via di nuovo con la giostra.

Siamo, insomma, al consueto show pre-elettorale: abbondano i buoni propositi e le dichiarazioni roboanti, ma quanti proseguiranno la battaglia il giorno dopo la conta delle schede? C’è il forte sospetto che, una volta spenti i riflettori e chiuse le urne, i cassetti pieni di “progetti ambiziosi” si richiuderanno a chiave per riaprirsi solo tra cinque anni.

In mezzo a tutto questo bailamme, è pur vero che la sicurezza è una questione non più rimandabile. Una rissa in pieno centro storico non può passare sotto silenzio, e se le autorità locali chiedono (o promettono) interventi drastici, ben venga. Ma guai a dimenticare che la sicurezza va di pari passo con politiche sociali, integrazione, strutture adeguate e presidio costante del territorio. Non basta usare parole severe a pochi giorni dal voto, né mandare qualche pattuglia in più per un weekend, per arginare tutto.

La speranza è che stavolta non si tratti della solita commedia, quella in cui i politici parlano di “scelte coraggiose” mentre, tra le righe, si limitano a incolparsi a vicenda sperando che i titoli dei giornali durino fino all’election day. Dopotutto, i trentini non sono sprovveduti. Sanno distinguere chi fa proclami in extremis da chi mette in campo strategie concrete per una città davvero vivibile. Manca un mese, ma per la gente che cerca soluzioni reali contro la delinquenza, l’incuria e le promesse vane, sembra un’eternità: un mese in cui ascoltare, confrontare — e, possibilmente, non farsi abbindolare dalle solite fiere di parole. Perché di far west, a Trento, ne basta e avanza uno. E dovrebbe finire subito dopo le elezioni, non cominciare.

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