Nessun pudore, nessuna coerenza, nessun rispetto per chi ha espresso la sua preferenza credendo in un progetto politico: è questa la fotografia di chi ha scelto Fratelli d’Italia, si è fatto eleggere in Consiglio Provinciale e poi si è dileguato al primo tornante utile. Una vergogna totale, che parte dal consigliere Claudio Cia (il pioniere di queste migrazioni) per arrivare agli ultimissimi casi, con Daldoss e Girardi che hanno lasciato il gruppo come se nulla fosse.

Ovviamente si tratta dell’argomento più discusso della giornata: la votazione che apre la strada al tanto contestato terzo mandato per il Presidente della Giunta Provinciale. La questione ha suscitato un acceso dibattito politico e mediatico, sia per le implicazioni istituzionali sia per il significato simbolico che riveste: in molti, infatti, ritengono che l’eventuale riconferma consecutiva di un Presidente tradisca lo spirito di alternanza su cui si basa la democrazia locale.

A rendere la vicenda ancora più controversa è stato l’atteggiamento dei due consiglieri di Fratelli d’Italia, che hanno deciso di votare a favore della modifica nonostante le posizioni ufficialmente dichiarate dal loro partito fino a poche settimane fa. I due Consilgieri hanno difeso la propria scelta parlando di necessità di garantire continuità amministrativa in un momento delicato, richiamando l’attenzione sui fondi e sui progetti strutturali in corso che, a loro dire, richiederebbero la medesima guida per essere portati a termine con successo.

In molti avevano sperato che Fratelli d’Italia mantenesse una linea coerente con quanto dichiarato prima del voto, quando si era mostrata particolarmente critica verso l’ipotesi del terzo mandato. Alcuni analisti politici sottolineano, inoltre, come questa situazione metta in luce tensioni interne al partito e possibili riposizionamenti dei suoi rappresentanti, forse in vista di ulteriori evoluzioni a livello regionale o nazionale.

Secondo fonti di stampa locale, la votazione ha visto uno scarto piuttosto ridotto: un segno che la misura, pur essendo passata, continua a dividere non solo i partiti di opposizione e maggioranza, ma anche i singoli consiglieri nell’ambito delle rispettive forze politiche. Le reazioni del pubblico e dei media sono state immediate, con giornali e trasmissioni di approfondimento che hanno dedicato ampio spazio alla vicenda, interrogandosi sugli sviluppi futuri e sull’eventualità che l’approvazione del terzo mandato possa rappresentare un precedente per altre amministrazioni provinciali o regionali.

Nel frattempo, il Presidente della Giunta Provinciale ha evitato di rilasciare dichiarazioni trionfalistiche, forse consapevole delle critiche che accompagnano una riforma di tale portata. La vera sfida, ora, sarà dimostrare che questa decisione non sia soltanto un tentativo di concentrare ulteriormente il potere, ma una scelta strategica e benefica per la collettività, capace di dare continuità alle iniziative più urgenti e garantire l’avanzamento dei programmi in corso.

In ogni caso, la discussione rimane aperta: opposizioni e associazioni civiche hanno già annunciato che non abbasseranno la guardia, minacciando perfino iniziative legali nel caso emergano profili di incostituzionalità o di violazione dei principi di trasparenza e democraticità. Sarà dunque fondamentale seguire gli sviluppi nelle prossime settimane, per capire se le tensioni interne al Consiglio provinciale si trasformeranno in crisi politiche più ampie o se, al contrario, questo voto aprirà la strada a nuovi equilibri capaci di reggere nel tempo.

Risultato: Fratelli d’Italia resta con appena due consiglieri, mentre chi ha abbandonato la nave invoca (nemmeno troppo convincentemente) ragioni politiche o di coscienza. Ma i fatti suonano come un enorme voltafaccia: l’ennesimo esempio di una politica-giungla dove chiunque, a caccia di vantaggi personali, si infila in una lista, raccoglie voti, e poi si smarca senza neppure un cenno di scuse verso chi credeva di avere un rappresentante coerente.

“Dimettetevi, se avete un briciolo di dignità”.
A dirlo non sono i soliti detrattori di giornata, ma lo stesso coordinatore regionale del partito, Alessandro Urzì, spalleggiato dalla vicepresidente Francesca Gerosa e dal capogruppo Biada. Davanti a un “tradimento” così plateale, la richiesta è ovvia: se avete preso voti in nome di Fratelli d’Italia, abbiate almeno la decenza di restituire il seggio e tornare a confrontarvi con l’elettorato in maniera limpida.

È il minimo sindacale, verrebbe da dire, eppure stiamo parlando di figure che hanno mostrato “un’assenza quasi totale di iniziativa politica” in due anni di mandato, come evidenzia Urzì nella nota. L’accusa è pesante e diretta: Daldoss e Girardi, dopo un periodo “opaco” in cui non avrebbero mai sollevato obiezioni interne, escono dal partito in modo repentino, lasciando nella confusione chi li aveva votati con convinzione.

La coerenza: un valore merce rara.
Lo sanno bene gli elettori di centrodestra (e non solo) che ogni volta sperano di trovare facce nuove all’insegna dei valori portanti di una forza politica. Fratelli d’Italia ha costruito il suo successo anche sulla promessa di coerenza, lontano dai continui cambi di casacca che allontanano la gente dalla politica. Ora, con un colpo di spugna, due consiglieri si rimangiano tutto, rifiutano il mandato preso con questo simbolo e, in sostanza, fanno capire che il partito è stato un semplice “trampolino” per arrivare in Consiglio.

La “tendenza al doppio gioco” e i rischi per la fiducia.
Non è la prima volta che assistiamo a scelte simili. È già capitato col consigliere Cia, e ora ci risiamo. Ogni volta si ripropone la stessa, triste recita: dopo aver usato un partito come veicolo elettorale, si intraprende un tragitto individuale in aperta contraddizione con i propositi iniziali. È un modus operandi che finisce per demotivare i cittadini, fiaccare il senso di partecipazione e spingere la gente a rinunciare persino a votare.

Chi paga il prezzo di questi “salti nel buio”?
Indubbiamente, i primi ad essere traditi sono i sostenitori, quelle persone che avevano deciso di dare fiducia a un’idea, a un simbolo, a un programma. Ora si chiedono con che faccia, in futuro, questi consiglieri si presenteranno a cercare voti, magari con nuove promesse e dichiarazioni di intenti.

Nel frattempo, i vertici di Fratelli d’Italia rispondono con parole durissime: chiedono dimissioni immediate, parlano di un’assenza totale di linea politica, ricordano che la coerenza è un valore fondamentale che distingue chi è realmente legato a un progetto da chi si fa calamitare dall’opportunismo più spinto.

La “giungla” che ci meritiamo?
Se la politica italiana viene descritta come un caos dove tutto è lecito pur di agguantare un seggio, certi atteggiamenti non fanno che confermarlo. Forse questo è il vero danno collaterale: disilludere la base elettorale, rendere sempre più labile la linea tra la voglia di partecipare e la tentazione di mandare tutto all’aria.

E così ci ritroviamo con un triste copione: si entra in un partito per farsi eleggere, si svolge il mandato con il freno a mano tirato, poi ci si smarca quando fa comodo, buttando nel cestino l’impegno preso con i cittadini. È la solita, desolante, storia di calcoli personali. E gli elettori? Forse è ora che pretendano di più: chi tradisce la fiducia di un partito e di un popolo dovrebbe risponderne, almeno con l’onore di dimettersi. Non è la soluzione a tutti i mali, ma sarebbe un segnale di rispetto. Almeno quello.

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