Il primo passo compiuto dal presidente statunitense @JoeBiden dopo la nomina nell’ambito della politica estera era stato il ritiro delle truppe americane dall’#Afghanistan. E in quell’occasione erano piovute non poche critiche sulla gestione dell’operazione. A ogni modo, la decisione era giustificata dalla volontà di disimpegnare gli Stati Uniti dagli avvenimenti in #MedioOriente. Quanto sta accadendo da 6 mesi a questa parte, con l’escalation degli ultimi giorni, ha reso evidente come il ritiro sia stato tutt’altro che un successo.

L’America, infatti, è ancora più coinvolta di prima nel #conflitto. E le difficoltà riscontrate hanno messo le ali ai piedi agli avversari politici di Biden interni al partito democratico. Non sono pochi ad accusarlo di avere intenzione di sostenere in modo incondizionato Israele senza esigere nulla in cambio. Altro appunto mosso al Presidente è il non essere ancora riuscito a convincere @netanyahu ad adottare strategie militari differenti.

Si tratta di un tema molto delicato che, se non gestito con grande attenzione da Biden, rischia di riflettersi negativamente nella campagna elettorale. Una parte sempre più ampia del partito democratico si sta rivelando filopalestinese. Ma c’è anche chi, non seguendo la strada della critica a tutti i costi, riconosce al Presidente alcuni successi. Innegabile, ad esempio, è che Biden sia riuscito a rallentare, dilazionandola, la risposta del mondo israeliano all’attacco subito dall’iran.

Un risultato che, seppur non definitivo (la risposta ci sarà, come confermato più volte dal Primo ministro israeliano), indica come la pressione americana non sia stata inutile. A Biden viene riconosciuto anche il fatto di essere riuscito a dar vita a una coalizione araba moderata piuttosto interessante. Lo scopo? Cooperare nella definizione delle operazioni militari volte a intercettare e abbattere i missili e i droni provenienti dall’Iran.

Questo testimonia come la strada iniziata con gli Accordi di Abramo (la dichiarazione congiunta tra Stati Uniti, Israele ed Emirati Arabi Uniti siglata nell’agosto 2020) non sia del tutto abbandonata. L’obiettivo originario, il riconoscimento di Israele da parte dell’Arabia Saudita, è ancora raggiungibile, almeno teoricamente, e salvo improvvisi cambiamenti dello scenario.

Eppure, nonostante qualcosa di positivo nella gestione della questione mediorientale da parte di Biden sia avvenuto, i rischi di un ulteriore calo di popolarità sono ancora tanti. E molto dipenderà da quando e come Netanyahu intenderà rispondere all’Iran. La speranza è che non si generino ulteriori tensioni, pericolose anche per il futuro di Biden.

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