L’INPS, la cassaforte sociale d’Italia, è finita sotto i riflettori a seguito della rivelazione di un deficit da 61 miliardi di euro, un disavanzo che lo Stato è intervenuto a coprire. Esaminando il bilancio più recente, si delinea un quadro della distribuzione di spesa che tocca quasi i 400 miliardi di euro. Le pensioni assorbono la fetta più cospicua, con oltre 300 miliardi di euro, di cui 214 miliardi destinati ai lavoratori del settore privato e 88 miliardi a quelli del pubblico.

All’occhio critico non sfuggono i 20 miliardi allocati ai sussidi di disoccupazione e ai trattamenti di malattia, né i 36 miliardi erogati per prestazioni legate all’invalidità civile e al reddito di cittadinanza. Non meno rilevanti sono le somme destinate ai sussidi familiari, comprensivi dell’assegno unico e congedi parentali, per un totale di 23 miliardi, e il fondo di garanzia del TFR che si attesta sui 15 miliardi di euro.

Come può l’INPS ritrovare terreno solido dal punto di vista economico? Una proposta potrebbe essere un’attenta revisione delle politiche di spesa, con un occhio di riguardo verso l’efficienza e la sostenibilità dei servizi offerti. L’istituto potrebbe beneficiare di una maggiore digitalizzazione dei servizi, riducendo costi burocratici e migliorando l’accesso per i beneficiari.

Inoltre, un monitoraggio più stringente sui requisiti di accesso alle prestazioni potrebbe mitigare gli sprechi e le frodi, preservando le risorse per chi ne ha effettivamente bisogno. Insieme a queste misure interne, una collaborazione più stretta con altre istituzioni finanziarie potrebbe aprire la strada a meccanismi di investimento più produttivi per i fondi in gestione.

Con una gestione più rigorosa e trasparente, l’INPS potrebbe non solo colmare il proprio disavanzo ma anche riaffermarsi come pilastro della sicurezza sociale italiana, garantendo protezione e supporto alle generazioni presenti e future.

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